Lunedì 23 febbraio 2009, ore 8 del mattino, cielo coperto, niente vento e il termometro segna 10 gradi: indubbiamente ottime condizioni per l'allenamento. Il riscaldamento inizia con un trotto molto morbido, il corpo è un po' rigido anche se il tiro del giorno prima era tranquillo; beh, è logico, sono state molte settimane di duro allenamento, di lunghi chilometri, serie, pendenze e tutti i tipi di dossi. È una tacca in più nell'allenamento della maratona.
I minuti passano e le sensazioni non migliorano; è difficile respirare e sembra che l'aria non arrivi ai polmoni, che strano. Qualche esercizio e qualche leggero allungamento per vedere se il corpo si stabilizza e finisce di svegliarsi. Di nuovo al trotto, ma è sempre la stessa cosa, soffocare, sentirsi stanchi, non riuscire ad andare avanti... cosa sta succedendo? Sulla via del ritorno a casa, dopo la fine dell'allenamento, la testa si gira cercando di trovare una spiegazione. E' un caso di influenza? E' anemia? Esami del sangue urgenti i cui risultati confermano la prima impressione del medico: ANXIETÀ. Ansia? No, non può essere, le sensazioni sono reali, non c'è forza, il soffocamento deve venire da qualcos'altro...
Il resto della settimana passa molto lentamente, con un cattivo allenamento, stanchezza, disagio che cambia anche le zone (ma è possibile?!). Entro sabato le sensazioni migliorano in modo discreto, ma l'umore sembra essere toccato.
E la domenica... sì, le gambe sono sciolte, il corpo va da solo, con forza, con spirito, l'aria entra senza problemi,... i fantasmi svaniscono e il miglior segno nella maratona cade.
Mi è successo alla vigilia della Maratona di Barcellona, ma situazioni simili, anche se non con sintomi così marcati, mi sono successe anche in altre gare importanti. A me e a molti altri corridori di tutti, assolutamente tutti i marchi e l'esperienza.
Perché alcuni di noi soffrono più di altri? Perché ci mettiamo così tanto sotto pressione? Perché non sappiamo come gestire questi momenti? Ma non siamo popolari? Ma, per favore, non rischiamo nulla.
O forse sì.
Certo, rischiamo mesi di formazione, fatica e sacrificio, o meglio, siamo convinti di rischiare, ma a chi? Dobbiamo dimostrare qualcosa a qualcuno? Può essere considerato un fallimento non raggiungere il nostro obiettivo? Qui risponderemmo tutti no, che ovviamente non è un fallimento, che lo facciamo per divertimento, che quello che conta è il percorso che abbiamo fatto fino al giorno della gara, che siamo dilettanti, atleti popolari...
Ma dentro, oh, dentro! La maratona è stata la numero 1 tra le nostre preoccupazioni per molte settimane prima della data: e se mi sono allenato poco, se non ho fatto abbastanza corse lunghe, se mi dà fastidio qui, se mi fa male lì, se... e raggiunge il suo apice nei giorni precedenti con la somma di tutti quei sintomi in ciò che conosciamo in questo mondo come la famosa cagalera della morte in cui appaiono presunti, ma molto reali, dolori all'anca, al ginocchio o alla piramide, abbiamo gambe gonfie (o così pensiamo), febbre, malessere generale, ecc. E non è perché siamo atleti esperti che riusciamo a padroneggiare questa paura che ci succeda qualcosa di fatale.
Ogni corridore è diverso e lo vive in un modo e in un'intensità; non siamo psicologi dello sport, ma dalla nostra esperienza e da quella di altri colleghi nel corso di molti anni possiamo parlare di varie cause come ad esempio:
È più facile a dirsi che a farsi, ma questa ansia che stiamo accumulando giorno dopo giorno deve essere reindirizzata in modo che non ci faccia male, non si faccia pressione e non appaia somatizzata che possa manifestarsi in un modo o nell'altro.
Se tutto rimane dolore e nervi fantasma non ci sarà più un problema che avere un brutto momento per qualche giorno, ma sappiamo già di casi di corridori che a causa di questo stress sono venuti ad avere lesioni muscolari o altri disturbi fisici.
Per non parlare di ciò che i nostri amici e soprattutto i nostri partner devono sopportare a causa dei nostri continui sbalzi d'umore, di quanto diventiamo pesanti quando ci raccontiamo la nostra formazione, i nostri dubbi e le nostre stranezze. Questo sarebbe un libro.
Dobbiamo pensare positivamente, che quei buoni, non tanto buoni e anche cattivi allenamenti ci hanno reso più forti, che stiamo perfettamente bene, che quando l'Uomo del Maletipo vorrà venirci incontro, ci rimarrà abbastanza forza per mandarlo in un colpo solo nei bassifondi. Inoltre, non dobbiamo accontentarci di quello che esce quel giorno, ma lottare per quello che siamo sicuri di avere nelle gambe come risultato della preparazione.
LA MARATONA È DA RISPETTARE, MA NON DA TEMERE
Ricordate che la cosa più importante è che quando finalmente arriverà il grande giorno, il giorno che abbiamo preparato per tanto tempo, e ci troveremo fianco a fianco con centinaia o miles altri corridori, siamo convinti che non solo abbiamo fatto tutto il possibile per raggiungere la linea di partenza nelle migliori condizioni possibili, ma che riusciremo a dare tutto per realizzare il nostro sogno, tenendo presente che
La maratona si corre con le gambe, con il cuore e con la testa.
Foto: Saucony
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